Lasciare andare la sofferenza

PERCHÉ NON RIUSCIAMO A LASCIARE ANDARE ?
Riassunto del discorso di Dharma di martedì 11 marzo 2025
Gruppo di Meditazione Dhammadāna

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***

Così ho udito. In una certa occasione il Beato dimorava tra i Sakya, a Kapilavatthu, nel Parco dei Banyan. Quindi, Mahānāma il Sakya si avvicinò al Beato, gli rese omaggio e si sedette da parte. Quando fu seduto, Mahānāma disse al Beato:

“Signore, da lungo tempo ho cosΓ¬ compreso il Dhamma insegnato dal Beato: L’aviditΓ  Γ¨ un veleno, l’avversione Γ¨ un veleno, l’ignoranza Γ¨ un veleno; tuttavia, a volte la mia mente Γ¨ sopraffatta dall’aviditΓ , dall’avversione e dall’ignoranza. Signore, mi chiedo: cosa non Γ¨ stato da me internamente abbandonato, perchΓ© la mia mente a volte Γ¨ sopraffatta dall’aviditΓ , dall’avversione e dall’ignoranza?”

β€œMahānāma, c’Γ¨ una cosa che non Γ¨ stata da te internamente abbandonata[1], a causa della quale la tua mente a volte Γ¨ sopraffatta dall’aviditΓ , dall’avversione e dall’ignoranza; Mahānāma, se quella cosa fosse stata da te abbandonata, non dimoreresti nella casa e non ti abbandoneresti alla ricerca di piacere; ma poichΓ© quella cosa non Γ¨ stata da te abbandonata, tu dimori nella casa indulgendo nel piacere. Il piacere (kāmā) Γ¨ poco gratificante, porta molta sofferenza e molta angoscia e le sue controindicazioni sono altresΓ¬ maggiori.

Mahānāma, anche se un nobile discepolo ha ben compreso questo punto con saggezza, se tuttavia non ha ancora realizzato quella gioia e benessere (pΔ«tisukha) alternativi al piacere sensuale e ai fenomeni malsani[2] o realizzato qualcosa di ancora piΓΉ pacificante di questi[3], potrebbe ricadere nella ricerca del piacere. Ma quando un nobile discepolo ha ben compreso con saggezza che il piacere Γ¨ poco gratificante, porta molta sofferenza, molta angoscia e che le sue controindicazioni sono altresΓ¬ maggiori, e ha inoltre realizzato quella gioia e benessere alternativi al piacere sensuale e ai fenomeni malsani o realizzato qualcosa di ancora piΓΉ pacificante di questi, allora potrΓ  affrancarsi dalla ricerca del piacere.”

Estratto dal CΕ«αΈ·adukkhakkhandha Sutta, MN 14

Commento

1.L’errata convinzione che rincorrendo il piacere e fuggendo da ciΓ² che Γ¨ sgradevole, ovvero, le cause profonde del nostro malessere ( dukkha) si possano ottenere un benessere e una tranquillitΓ  duraturi, Γ¨ alla base della nostra incapacitΓ  a mettere in pratica il “lasciare andare” prescritto dal Buddha come condizione per l’ ottenimento della liberazione. Inoltre, la continua ricerca di piacere e l’avversione verso ciΓ² che Γ¨ percepito come sgradito nascono dall’impossibilitΓ  di soddisfare questa errata convinzione. Ed Γ¨ proprio perchΓ© consideriamo le emozioni nocive come fonte di felicitΓ  e gioia che non riusciamo a lasciarle andare. L’attaccamento al dolore e alle emozioni tossiche come l’odio e la rabbia dona un piacere perverso. Questo Γ¨ l’effetto dell’ ignoranza della realtΓ . Anche quando abbiamo una qualche volontΓ  a sacrificare le cose a cui ci afferriamo tenacemente in cerca di una soddisfazione effimera, i nostri desideri, rabbie e gelosie, per ottenere il bene piΓΉ alto, al lato pratico, il nostro impegno reale affinchΓ© questo accada Γ¨ veramente esiguo. L’attaccamento Γ¨ determinato dalla percezione distorta della piacevolezza del fenomeno afferrato, dal proiettare su di esso qualitΓ  taumaturgiche che non possiede. Per imparare a lasciare andare dobbiamo vedere con gli occhi della saggezza questo stato di cose. Questa Γ¨ vipassanā. Chi comprende lascia andare (pajahanti vipassino). Ma per sviluppare la visione di vipassanā dobbiamo allenarci gradualmente nei vari stadi del sentiero graduale. Come diceva Reverendo Dr. Sumana Siri , “non puoi arrivare ad ‘x – y- z’ se non hai prima ‘a- b- c’ “. Per questo la tanhā non puΓ² essere sradicata di colpo come un chiodo ma “rimosso” gradualmente, passo dopo passo, come una vite che viene gradatamente svitata.Tramite la meditazione coltiviamo la samatha e cosΓ¬ riduciamo gradualmente la preponderanza dell’ emotivitΓ , con la saggezza, paññā o vipassanā, correggiamo gradualmente la stortura percettiva e concettuale nata dall’ esperienza immediata. Le cause del dukkha non possono essere meramente abolite e non devono assolutamente essere represse, pena il finir divorati dai sensi di colpa, dalla frustrazione e della nevrosi. Inoltre, non devono nemmeno essere perseguite e lasciate proliferare nella mente, pena la follia e l’ossessione…

2. Il benessere e la gioia del samādhi.

3. La visione profonda (vidassanā) che conduce alla liberazione definitiva.

Gruppo di Meditazione Dhammadāna

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