Meditazione sul Vuoto

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MEDITAZIONE SUL VUOTO

Secondo gli insegnamenti del Canone Pāli

Caro amico lettore, prenditi un momento di pausa, siediti comodamente, leggi con calma e rifletti sulle seguenti istruzioni:

1.«Mogharaja, sii sempre consapevole, e considera questo mondo come vuoto [1]; abbandonando l’errata visione del sé, la morte viene trascesa. Chi contempla il mondo in questo modo, diverrà invisibile al re della morte.»

(Sutta Nipata 5.16.)

2.“Ma com’è la liberazione del cuore attraverso la vacuità? Un monaco, recatosi in una foresta, ai piedi di un albero o in una stanza vuota, così riflette[2]: ‘Invero, questo [corpo e mente] è vuoto di sé o di ciò che riguarda il sé [3]. Questa è detta essere la liberazione del cuore tramite la vacuità.”

(Godattasuttaṃ, SN 41.7)

3.«Il corpo è simile alla schiuma, le sensazioni simili a bollicine, le percezioni simili a un miraggio, le formazioni mentali simili a un tronco cavo, la coscienza è simile a un’illusione.[4]
In qualunque modo li contempliate (nijjhāyati)
esaminandoli con attenzione (yoniso upaparikkhati),
essi si rivelano essere vacui e vuoti,
quando li si osserva con attenzione (passati yoniso)»

(Pheṇapiṇḍūpamasutta, SN 22.95)

SPIEGAZIONE

1. La contemplazione del vuoto di sé (𝗮𝗻𝗮𝘁𝘁𝗮̄bhavana) è un metodo pratico per attualizzare il non attaccamento e l’abbandono di quegli stati causa del perpetuarsi del samsāra; questa pratica è strettamente legata alla percezione della precarietà e del dukkha insito in ogni esperienza precaria; il Cūḷasaccakasutta descrive la traiettoria del processo riflessivo che conduce alla percezione del non sé:

«Cosa ne pensi, Aggivessana, la forma è costante o precaria?»

«Precaria, venerabile Gotama» .

«Ma ciò che è precario, è insoddisfacente o soddisfacente?»

«Insoddisfacente, venerabile Gotama»

«Ma ciò che è precario, insoddisfacente, per sua natura mutevole, è forse saggio considerarlo come : ‘questo è mio, ciò sono Io, questo è il mio sé?»

«No di certo, venerabile Gotama» .

2. Paṭisañcikkhati, pensare, riflettere, considerare; al contrario di quanto spesso si dice, la meditazione buddhista non consiste solamente in un’osservazione passiva di quanto appare nel campo dell’attenzione, ma anche in un’osservazione e valutazione attiva dell’esperienza stessa. Lo stesso metodo riflessivo-analitico è applicato nella coltivazione degli stadi di meditazione jhāna, come evidenziato in questo passo dell’Aṭṭhakanāgarasutta, (Majjhima Nikāya 52):

«Ecco capofamiglia, distaccato dai piaceri sensuali, distaccato dagli stati non salutari, un monaco entra e dimora nel primo jhāna […]. Egli lo considera, lo comprende così: ‘Questo primo jhāna è condizionato e prodotto dalle intenzioni; ma tutto ciò che è condizionato e prodotto volontariamente è impermanente, soggetto alla cessazione.’»

Come è facile intuire dalla lettura di questi sutta, anche negli stati di meditazione jhanica è presente la facoltà riflessiva necessaria allo sviluppo della meditazione e della comprensione.

3. L’aggettivo pāli suñña (vuoto), indica l’assenza di un sé (𝗮𝗻𝗮𝘁𝘁𝗮̄), un ente concepito come esistente in modo permanente e autonomo, dotato della facoltà di un dominio (me) e possesso (mio) sui fenomeni. Nel Buddhismo delle origini e nel sistema Theravāda, vuoto e non sé sono perciò sinonimi. La concezione ( e/o negazione) del sé non è appannaggio dei soli filosofi e teologi, ma il prodotto di una percezione distorta della realtà che accomuna tutti gli esseri senzienti. Da questo punto di vista, la concezione del sé è sia intenzionale che involontaria. Inoltre, se il ‘mondo’ fosse effettivamente sotto il dominio di un sé , allora, come chiosa il Buddha nel seguente discorso, l’individuo potrebbe controllare gli aggregati a proprio piacimento, come spiegato nel Cūḷasaccakasutta (MN27):

«Cosa ne pensi Aggivessana: può un re di nobile stirpe, come ad esempio il re del Kosala Pasenadi oppure il re del Māghadha Ajātasattu Vedehiputta, eserciti sui propri territori il potere di condannare a morte una persona meritevole di essere condannata a morte, di confiscare i beni di una persona meritevole di confisca, di bandire una persona meritevole di essere bandita?»

«Certamente, venerabile Gotama».

«Cosa ne pensi Aggivessana, quando tu affermi: «Il corpo..la sensazione..la percezione..le formazioni mentali e la coscienza sono il mio sé», sei tu in grado di esercitare un controllo tale su quella coscienza da poter dire: ‘possa la mia coscienza essere così, possa la mia coscienza non essere così?»

«No di certo, Venerabile Gotama».

4. In quest’ultimo dialogo, il Buddha invita a contemplare gli aggregati che compongono l’ essere come vuoti, ovvero, effimeri, privi di sostanzialità alla pari di un miraggio ingannevole o di un’allucinazione. Ciò non significa che i fenomeni osservati non esistano; significa solo che questi sono effimeri, evanescenti, inconsistenti. La realtà è un illusione, ma l’illusione è un’esperienza reale.

***

In un prossimo post parleremo della meditazione jhanica sulla vacuità (suññato-samādhi) e del rapporto tra meditazione ‘analitico-riflessiva’ e meditazione ‘non concettuale’.

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