
la cessazione della sofferenza
«Questa, o monaci, è la nobile verità sulla cessazione della sofferenza: La completa dissoluzione e cessazione di quella bramosia, la sua fine, il suo abbandono e rigetto, la liberazione e l’indipendenza da essa.»
Lo stato di cessazione del dukkha è detto nirodha; in accordo al Visuddhimagga, il termine nirodha è formato dal prefisso ‘ni’ ‘assenza’, + ‘rodha’ , prigione; nirodha è la libertà dalla coercizione della sete e degli altri fattori mentali nocivi alla base di dukkha. L’individuo che ha raggiunto tale stato è detto Arahant; questo vocabolo, secondo l’interpretazione del ven. Punnaj deriverebbe da ‘ara’, ‘corda’ o ‘legame’ + ‘han’ , ‘distruggere’: un Arahant è colui che si è liberato dai vincoli che legano all’esistenza condizionata.
(Il corrispettivo femminile è arahantī).
Un sinonimo di nirodha è il più famoso nirvana o nibbāna. Dal punto di vista linguistico, il termine nibbāna ha una chiara valenza allegorica: nir+vāyati significa infatti “soffiare via”, nel senso di dare refrigerio a qualcosa di infuocato e rovente; in questo contesto, l’immagine allegorica del fuoco assume il significato di afflizione. Se le cause del dukkha sono da rintracciare nei sankhāra ( vedi prima parte di questo testo), il nibbāna è definito ‘asankhata’, incondizionato, nel senso di incondizionato dalle tre afflizioni principali di bramosia, avversione e ignoranza. Per questa ragione il nibbāna è considerato la forma di felicità più alta, in quanto non essendo dipendente da altri fattori, non è soggetto al mutamento e alla cessazione. È quindi un “non-stato” irreversibile ed eterno. Nei sutta il nibbāna è altresì definito come la cessazione del bhava o ‘essere’ (bhava-nirodho nibbānam), in quanto il bhava è lo stato condizionato per antonomasia.
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La possibilità di emanciparsi dal condizionamento della bramosia è dovuta al fatto che in accordo all’insegnamento buddistico, la mente è per sua natura luminosa e pura, e solo temporaneamente oscurata dalle afflizioni:
«La mente, monaci, è completamente luminosa, eppur tuttavia oscurata da afflizioni transitorie».
– Pabhassara Sutta
Vi sono tre porte per accedere allo stato di emancipazione:
1.Attraverso la realizzazione delle tre caratteristiche dell’esistenza, ovvero: Impermanenza, insoddisfazione e non-sé (anicca, dukkha, anatta).
2. Realizzando intuitivamente le Quattro Nobili Verità stesse.
3. Comprendendo il processo dell’Origine Dipendente (Paticca-samuppāda).
Per arrivare a ciò, il praticante avrà bisogno di coltivare il sentiero adatto a tale scopo; la pratica del Dharma è esattamente quel tipo di sentiero. Le molteplici metodologie ideate dal Buddha sono sintetizzate nella Quarta Nobile Verità, il Nobile ottuplice Sentiero.

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