Libri sulla Meditazione

D: Quale libri sulla meditazione consiglieresti?

R: A differenza di altri aspetti del Buddhismo come lo studio della sua psicologia, della filosofia o dell’ evoluzione storica e dottrinale (utile per comprendere le dottrine proposte dalle differenti tradizioni) la meditazione è qualcosa di prettamente esperienziale. Lo studio teorico necessita della facoltà intellettiva per permetterci di capire e assimilare le nozioni apprese, mentre la meditazione si basa sulla facoltà intuitiva della mente. Sono due cose diverse. Sebbene la struttura teorica della meditazione possa essere sommariamente descritta, è impossibile apprendere come metterla in atto meramente leggendo libri. Cercare di capirci qualcosa sulla meditazione tramite i libri rischia di privare la pratica stessa del suo potere trasformativo. Come disse Shantideva: “Quale malato è mai guarito semplicemente leggendo libri di medicina?”

Inoltre, l’atteggiamento ‘fai da te’ tipico dell’epoca in cui viviamo espone il neofita a difficoltà e rischi non preventivati. Meditazione non significa pensare né tantomeno smettere di pensare; meditazione è osservare, sentire, un intuire al di là del mero ragionamento. Ciò non significa che la facoltà riflessiva sia totalmente inutile, tutt’altro. Vi sono degli esercizi spirituali che fanno uso proprio della facoltà riflessiva quale ausilio alla contemplazione. Ma se con meditazione si intende la pratica della consapevolezza (sati) e del raccoglimento (samādhi), allora, le analisi dottrinali, gli studi comparativi e il mero intellettualismo, devono essere messi da parte. In particolare, un’enfasi eccessiva e pedantica sullo studio della meditazione, avulso dalla pratica, può risultare controproducente e ostacolare l’esperienza intima della consapevolezza e del samādhi. Questa è probabilmente la ragione per cui nei discorsi del Buddha che trattano della meditazione vi sono solamente delle descrizioni generiche. Le tecniche come le conosciamo oggi sono elaborazioni recenti ideate sulla base dei commentari.

La meditazione è un sentire particolare. In Pāli, il termine vedana (sentire) è derivato dalla radice √vid, la stessa di Vidyā , conoscenza. Ma pensare di capirci qualcosa tramite i libri sarebbe come tentare di sentire il sapore della pizza leccando la foto sul menù. Se una persona che non ha mai visto una pizza mi chiedesse di descrivergliela, potrei effettivamente mostrarle una foto; questa persona potrebbe così farsi un’idea generica su cosa sia una pizza. Ma è impossibile comunicare l’esperienza particolare del gusto della pizza, il suo tipico profumo, la sofficità e il sapore, semplicemente guardando una foto, per quanto accurata possa essere. Peraltro, neanche il migliore degli Chef stellati sarebbe capace di comunicare il sapore di una pietanza attraverso le parole, la scrittura o le immagini. Noi occidentali vogliamo sempre capire, anticipare, bypassare l’esperienza concreta, ma la meditazione è sentire, essere, esserci, testimoniare.. Capire è ignorare, sentire è conoscere.

Allora, che fare? Sicuramente, bisogna evitare il fai da te e gli insegnanti improvvisati che spopolano in rete sui social. La cosa più sensata da fare è apprendere le istruzioni essenziali sulla pratica (cos’è, cosa NON è, a cosa serve, eccetera), dalla viva voce di un insegnante in carne e ossa che sia anche un praticante con esperienza e provare a metterle in pratica. In questo caso, l’apprendimento tramite simbiosi con un praticante esperto è decisamente più efficace. Un’insegnante competente sarà in grado di guidare l’apprendista yogin lungo il tortuoso sentiero del Dharma di cui la meditazione è solo uno degli aspetti. È altresì consigliabile la lettura del Satipatthanasutta e di quei pochi altri sutta incentrarti sulla meditazione. Leggiamo un paragrafo alla volta e poi proviamo a mettere in pratica quanto letto..

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