
«Ciò che qui colpisce di più è lo strano destino di Gautama, il Buddha. Per tutta la sua vita terrena, a quanto ci consta dalla storia, egli predicò una filosofia di stupendo rigore e di coraggio agnostico, una fisica spietata della realtà più intima dell’uomo nel suo bene e nel suo male, negandogli l’anima e legando tutto ciò ch’egli sente di più sacro e di più suo, il bene ed il male di cui è capace, al filo misterioso del karma; per tutta una vita cercò di smagare gli uomini, liberandoli dall’illusione degli dèi per ricondurli a guardare in se stessi ed a sentirsi dèi del proprio destino. Eccolo adesso emanazione d’una emanazione; dio in un consesso fantasticamente elaborato e complesso di demiurghi; attore celeste da altri preceduto, da altri seguito, nel dramma stupendo degli evi cosmici!»
(Fosco Maraini, Segreto Tibet, Dall’Oglio editore)
Buddhismo vs. Dharma
Quando parliamo di Buddhismo, stiamo effettivamente parlando di una molteplicità di scuole, tradizioni e metodologie sviluppatesi nel corso di venticinque secoli. Tuttavia, è bene ricordare che il termine Buddhismo è un neologismo coniato non più di due secoli fa da studiosi e orientalisti occidentali. In conformità agli usi della sua cultura natia, Gautama Buddha definì il proprio insegnamento con il termine sanscrito «Dharma».
In breve, Dharma ( lett. ‘ciò che sostiene’ ) è la realtà fondamentale che caratterizza ogni cosa, la quale è atemporale e perciò al di là delle convenzioni socio culturali e linguistiche. Nell’India antica, tutte le vie sapienziali finalizzate alla comprensione di tale realtà fondamentale erano altresì definite Dharma. Il Buddha, avendo realizzato appieno il Dharma, definì se stesso con gli appellativi di ‘dhammakāyo’ (corpo della realtà) e ‘dhammabhūto’ (Manifestazione della realtà).
A tutto ciò si riferisce l’insegnamento primigenio del Samana (asceta) Gautama, il Buddha storico. Questo insieme di idee, consigli spirituali è alle volte conosciuto con il neologismo Protobuddhismo.
Buddhismo
Il termine Buddhismo invece tende ad implicare quel sistema dottrinale, etico, rituale e religioso sviluppatosi sulla base delle interpretazioni dell’insegnamento del Buddha elaborate dai suoi successori. Per via della grande varietà di interpretazioni e fraintendimenti a cui l’insegnamento originario è stato soggetto nel corso dei secoli, il Buddhismo si presenta come una pluralità di forme religiose, dottrine filosofiche e pratiche rituali estremamente eterogenee, seppur legate alla figura e al pensiero del fondatore storico.
La prospettiva buddhista religiosa, con tutto quello che ne consegue in termini pratici, si basa sulla centralità del dogma del karma e della rinascita letteralmente intesi. E tuttavia, Gautama stesso affermò chiaramente che il suo Dharma ha a che vedere con la liberazione dal dukkha, e che questa libertà era sperimentabile nel qui ed ora (dittheva dhamme).
Il sistema Theravāda
Contrariamente a quanto spesso di sente dire, il Buddhismo Theravāda non è equiparabile all’insegnamento originario o Protobuddhismo; di fatto, le tre forme di Theravāda presenti in Occidente, cingalese, thailandese e birmano, nelle forme in cui le conosciamo oggi, sono delle rielaborazioni abbastanza recenti di una tradizione preesistente.
Sri Lanka
Il Buddhismo cingalese, nella sua forma attuale, nasce come fenomeno dalle forti coloriture identitarie, contiguo con il movimento politico revanscista sorto come reazione all’oppressione coloniale britannica alla fine del diciannovesimo secolo. Questa forma di Buddhismo è anche detta ‘Buddhismo protestante’. Per questo motivo, il Buddhismo Theravāda di matrice cingalese si presenta come un movimento religioso delle spiccate caratteristiche etnocentriche, con venature nazionalistiche e fortemente conservatore, decisamente restio a qualunque inculturazione con l’Occidente.
Thailandia, Cambogia e Laos
Il ramo Theravāda thailandese moderno invece nasce con la riforma attuata (ed imposta) da Re Mongkut (Rama IV), più o meno nello stesso periodo, quale tentativo di modernizzare il paese di fronte ai cambiamenti sociali e politici nati con la rivoluzione industriale. Mongkut, che in giovane età fu ordinato monaco, si convinse che il Buddhismo Thailandese necessitasse di ritornare alle forme e pratiche del Buddhismo delle origini; per questa ragione, fondò una nuova confraternita monastica nota con il nome di Dhammayut ( «Aderente al Dhamma»). Come per il Buddhismo cingalese, anche in ambito thai vi sono evidenti legami con la cultura tradizionale locale, nonché con il potere temporale e politico di quel paese. Similmente, il Buddhismo cambogiano e quello laotiano, per via dell’influenza politica e culturale esercitata dalla vicina Thailandia, hanno subito una simile sorte.
Myanmar
Come nel caso degli altri paesi, anche i movimenti riformatori Theravāda birmani nati nella prima metà del secolo scorso e diffusi oggigiorno anche alle nostre latitudini, come la scuola di Mahāsi o il movimento della Vipassanā laica di Goenka, furono tutti fortemente influenzati dal tumultuoso contesto politico locale e dai mutamenti economici e culturali internazionali (ascesa del capitalismo su scala internazionale e rivoluzioni marxiste), nonché dalle idee dei movimenti indipendentisti di stampo nazionalista e socialista nati nell’allora Birmania come reazione ed adattamento alla dominazione coloniale britannica.
Tradizionale e globalizzazione
Nonostante il fatto che il Buddhismo si presenti sulla scena globale come una religione prevalentemente razionale o «scientifica» , il substrato mistico, religioso e rituale delle differenti versioni locali di Buddhismo persiste, seppur in forma minoritaria, nel culto popolare, sotto la facciata del Buddhismo riformato di stato. Questa evidente contraddizione è non di rado causa di confusione e perplessità fra i neofiti occidentali, impegnati ad orientarsi nella giungla di informazioni contrastanti provenienti dai libri e dai mass media.
A tutto ciò si aggiunge la nascita di molteplici movimenti di stampo modernista il cui approccio tende ad una revisione in chiave contemporanea dei principi buddhisti, spogliati di tutti gli elementi rituali e religiosi tipici delle società asiatiche tradizionali. Ultimo fenomeno in ordine cronologico di questa costante evoluzione è il movimento della Mindfulness, nato negli Stati Uniti negli anni ’90, il quale propone un’applicazione delle pratiche meditative buddhiste incentrate sulla consapevolezza a scopi psicoterapeutici. Con il movimento della mindfulness, si attua una pressoché totale ridefinizione degli scopi della pratica del Dharma, e di conseguenza, delle metodologie atte alla realizzazione di tali scopi.

Lascia un commento