Sati­paṭṭhā­na­ Sutta: I Fondamenti della Consapevolezza

Sati­paṭṭhā­na­sutta
I fondamenti della consapevolezza
Majjhima Nikāya 10


Così ho udito: in una certa occasione il Beato dimorava fra i Kurū, in un villaggio dei Kurū di nome Kammāsadhammae il Beato si rivolse ai monaci: «Monaci!» «Signore!» risposero quei monaci al Beato. Il Beato così parlò: 

«Monaci, questo è un Sentiero ad un unica direzione, per la purificazione degli esseri, il superamento di tristezza e lamento, la pacificazione di dolore e sofferenza, il raggiungimento del giusto sentiero, la realizzazione della liberazione, ovvero: i quattro fondamenti della consapevolezza.

Quali quattro? Ecco, o monaci, un monaco dimora osservando il corpo nel corpo, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte bramosia e tristezza [verso le cose]  mondo; dimora osservando le sensazioni nelle sensazioni, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte bramosia e tristezza [verso le cose] del mondo; dimora osservando la mente nella mente, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte bramosia e tristezza [verso le cose] del mondo; dimora osservando i fenomeni nei fenomeni, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte bramosia e tristezza [verso le cose] del mondo.


1. La contemplazione del corpo
1.1.La consapevolezza del corpo tramite il respiro

Ma come, o monaci, un monaco dimora osservando il corpo nel corpo? ecco, monaci, quel monaco, recatosi in una foresta, ai piedi di un albero o in una stanza vuota, essendosi seduto a gambe incrociate, con il busto eretto, e avendo stabilito la consapevolezza di fronte a sé, inspira consapevolmente, espira consapevolmente; inspirando lungamente, egli riconosce (pajānāti) ‘inspiro lungamente’; espirando lungamente, egli riconosce ‘espiro lungamente’; inspirando brevemente, egli riconosce ‘inspiro brevemente’; espirando brevemente, egli riconosce ‘espiro brevemente’; ed egli così si esercita (sikkhati): ‘inspirerò sperimentando l’intero corpo’, ‘espirerò sperimentando l’intero corpo’, così egli si esercita; ed egli così si esercita: ‘inspirerò calmando le sinergie corporali, espirerò calmando le sinergie corporali’, così egli si esercita.

Proprio come, o monaci, un abile tornitore o garzone di tornitore, girando lungamente riconosce ‘sto girando lungamente’, girando brevemente riconosce ‘sto girando brevemente’; allo stesso modo, o monaci, un monaco, inspirando lungamente riconosce ‘inspiro lungamente’; espirando lungamente riconosce ‘espiro lungamente’; inspirando brevemente egli riconosce ‘inspiro brevemente’; espirando brevemente egli riconosce ‘espiro brevemente’; ed egli così si esercita: ‘inspirerò sperimentando l’intero corpo’, ‘espirerò sperimentando l’intero corpo’, così egli si esercita; ed egli così si esercita: ‘inspirerò calmando le sinergie corporali, espirerò calmando le sinergie corporali’, così egli si esercita.

In questo modo, egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente, dimora contemplando il corpo nel corpo esternamente, dimora contemplando il corpo nel corpo internamente ed esternamente, dimora contemplando il sorgere dei dhamma nel corpo, dimora contemplando lo svanire dei dhamma nel corpo, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma nel corpo. ‘C’è il corpo’— la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza e alla piena consapevolezza; ed egli dimora indipendente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando il corpo nel corpo.

Fine della sezione sull’inspirazione ed espirazione. 

1.2 La contemplazione del corpo tramite le posizioni

Inoltre, o monaci, un monaco, mentre cammina riconosce ‘sto camminando’, stando fermo riconosce ‘sono fermo’, essendo seduto riconosce ‘sono seduto’, sdraiandosi riconosce ‘sono sdraiato’. A qualunque cosa il corpo sia intento, proprio ciò egli riconosce.

In questo modo, egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente, dimora contemplando il corpo nel corpo esternamente, dimora contemplando il corpo nel corpo internamente ed esternamente, dimora contemplando il sorgere dei dhamma nel corpo, dimora contemplando lo svanire dei dhamma nel corpo, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma nel corpo. ‘C’è il corpo’—la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza e alla piena consapevolezza; ed egli dimora indipendente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando il corpo nel corpo.

fine della sezione sulle posture.

1.3. Kāyānu­passa­nā­sam­pajā­na­pabba
1.3 La contemplazione del corpo tramite la chiara comprensione

Inoltre, o monaci, un monaco, nell’andare e venire esercita chiara comprensione (sampajānakārī); nel guardare e nel distogliere lo sguardo esercita chiara comprensione; nel chinarsi e nell’alzarsi esercita chiara comprensione; nell’indossare il mantello, portando la ciotola e le vesti esercita chiara comprensione; mangiando, bevendo, masticando e assaporando egli esercita chiara comprensione; nel vuotarsi di feci e urine esercita chiara comprensione; camminando, stando fermo, sedendo, coricandosi, svegliandosi, parlando e stando in silenzio, esercita chiara comprensione.

In questo modo, egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente..


Fine della sezione sulla chiara comprensione. 

1.4. Kāyānu­passa­nā­paṭi­kūla­ma­nasikā­ra­pabba
1.4 Sezione sulla contemplazione del corpo tramite la riflessione sulla sgradevolezza. 

Inoltre, o monaci, un monaco riflette (paccavekkhati) su questo stesso corpo, dalle piante dei piedi verso l’alto e dalle punte dei capelli verso il basso, avvolto nella pelle e colmo di varie impurità: ‘in questo corpo vi sono capelli, peli, unghie, denti, pelle, tessuti, tendini, midollo, reni, cuore, fegato, diaframma, milza, polmoni, intestini, mesentere, cibo, bile, flemma, pus, sangue, sudore, grasso, lacrime, grasso, saliva, muco, sinovia, urina’.

Proprio come, o monaci, una bisaccia aperta su entrambi i lati e colma di svariati tipi di granaglie come riso fine, grano, fagiolini verdi, piselli, sesamo e riso grezzo; ed un uomo dotato di buona vista, apertolo così ne esaminasse il contenuto:  questo è riso fine, questo è grano, questi sono fagiolini verdi, questi piselli, questo è sesamo e questo riso grezzo; allo stesso modo, o monaci, un monaco esamina questo stesso corpo, dalle piante dei piedi verso l’alto e dalle punte dei capelli verso il basso, avvolto nella pelle e colmo di varie impurità: ‘in questo corpo vi sono capelli, peli, unghie, denti, pelle, tessuti, tendini, midollo, reni, cuore, fegato, diaframma, milza, polmoni, intestini, mesentere, cibo, bile, flemma, pus, sangue, sudore, grasso, lacrime, grasso, saliva, muco, sinovia, urina’.

In questo modo, egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente..

Fine della sezione sulla riflessione sulla repulsività. 

1.5. Kāyānu­passa­nā­dhātu­ma­nasikā­ra­pabba
1.5 La contemplazione del corpo tramite la riflessione sugli elementi

Inoltre, o monaci, un monaco, in riguardo a questo stesso corpo, ovunque collocato e in qualunque modo disposto, così riflette (paccavekkhati) sugli elementi: ‘vi sono, in questo corpo, l’elemento terra, l’elemento acqua, l’elemento fuoco e l’elemento aria’.

Proprio come, o monaci, un abile macellaio o un garzone di macellaio, avendo macellato una vacca, si ponesse presso un quadrivio [per esporre] le varie porzioni di carne; allo stesso modo, o monaci, un monaco in riguardo a questo stesso corpo, ovunque collocato e in qualunque posizione, così riflette sugli elementi: ‘vi sono, in questo corpo, l’elemento terra, l’elemento acqua, l’elemento fuoco e l’elemento aria’.
In questo modo, egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente..

Fine della riflessione sugli elementi materiali

1.6. Kāyānu­passa­nā­nava­siva­thika­pabba
1.6  La Contemplazione del corpo tramite le nove fasi cimiteriali 

1. E ancora, o monaci, un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero, morto da un giorno o da due giorni o da tre giorni: gonfio, scolorito, in decomposizione; ed egli focalizzasse (upasaṃharati) l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò ». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente…

2. E ancora, o monaci, un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero, divorato da corvi, falchi, avvoltoi, cani selvatici, sciacalli o da varie piccole creature; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente…

3. E ancora, o monaci, un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero, uno scheletro,  carne e sangue, legato ai tendini; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente…

4.E ancora, o monaci, un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero senza carne ma macchiato di sangue ; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente …

5. E ancora, monaci, un monaco osservasse un corpo gettato da parte in un cimitero senza carne e sangue legato dai tendini; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente...

6. E ancora, o monaci, come un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero le ossa sparse qua e là, non più tenute insieme: qui un osso della mano, là un osso del piede, qui un osso della gamba, là un costola, qui un osso iliaco, là una spina dorsale, qui il cranio; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente …

7. E ancora, o monaci, un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero: le ossa bianche e qualcosa come conchiglie marine un mucchio di ossa disseccate di più di un anno; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente …

8. E ancora, o monaci, un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero: le ossa invecchiate, ammucchiate; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente …

9. E ancora, o monaci, un monaco osservasse un cadavere gettato da parte in un cimitero: le ossa marce e ridotte in polvere; ed egli focalizzasse l’attenzione su questo stesso corpo: «Anche questo corpo è della stessa natura, diventerà così, non è possibile evitare ciò». In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente …

In questo modo, egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente, dimora contemplando il corpo nel corpo esternamente, dimora contemplando il corpo nel corpo internamente ed esternamente; dimora inoltre contemplando il sorgere dei dhamma nel corpo, dimora contemplando lo svanire dei dhamma nel corpo, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma nel corpo. ‘C’è il corpo’— la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza, necessaria alla piena consapevolezza; ed egli dimora autonomamente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando il corpo nel corpo.

Fine della sezione sulle nove contemplazioni cimiteriali.
Fine delle quattordici contemplazioni sul corpo. 

2. Vedanā­nu­passanā
2. Contemplazione delle sensazioni

Ma come, o monaci, un monaco dimora contemplando le sensazioni nelle sensazioni? ecco, monaci, un monaco sperimentando una sensazione piacevole riconosce (pajānāti): ‘sperimento una sensazione piacevole’; sperimentando una sensazione dolorosa riconosce: ‘sperimento una sensazione dolorosa’; sperimentando una sensazione né piacevole né dolorosa riconosce: ‘sperimento una sensazione né piacevole né dolorosa’.


Sperimentando una sensazione grossolana piacevole riconosce: ‘sperimento una sensazione grossolana piacevole’; sperimentando una sensazione sottile piacevole riconosce: ‘ sperimento una sensazione sottile piacevole’; sperimentando una sensazione grossolana dolorosa riconosce: ‘sperimento una sensazione grossolana dolorosa’.

Sperimentando una sensazione sottile dolorosa riconosce: ‘ sperimento una sensazione sottile dolorosa’; sperimentando una sensazione grossolana né piacevole né dolorosa egli riconosce: ‘sperimento una sensazione grossolana né piacevole né dolorosa’; sperimentando una sensazione sottile né piacevole né dolorosa egli riconosce: ‘sperimento una sensazione sottile né piacevole né dolorosa’.

In questo modo, egli dimora contemplando le sensazioni nelle sensazioni internamente, dimora contemplando le sensazioni nelle sensazioni esternamente, dimora contemplando le sensazioni nelle sensazioni internamente ed esternamente; dimora inoltre contemplando il sorgere dei dhamma nelle sensazioni, dimora contemplando lo svanire dei dhamma nelle sensazioni, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma nelle sensazioni. ‘C’è la sensazione’—  la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza, necessaria alla piena consapevolezza; ed egli dimora autonomamente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando le sensazioni nelle sensazioni.

Fine delle contemplazioni sulle sensazioni. 

3. Cittānupassanā
3. La contemplazione della mente

Ma come, o monaci, un monaco dimora contemplando la mente nella mente? ecco, monaci, un monaco riconosce (pajānāti) la mente  bramosa come ‘mente bramosa’;riconosce la mente priva di bramosia come ‘mente priva di bramosia’; riconosce la mente in preda all’avversione come ‘mente in preda all’avversione’; riconosce la mente priva di avversione come ‘mente priva di avversione’; riconosce la mente ignorante come ‘mente ignorante’; riconosce la mente priva di ignoranza come ‘mente priva di ignoranza’; riconosce la mente rattrappita come ‘mente rattrappita’; riconosce la mente distratta come mente ‘distratta’; riconosce la mente espansa come ‘mente espansa’; riconosce la mente non espansa come ‘mente non espansa’; riconosce la mente inferiore come ‘mente inferiore’; riconosce la mente superiore come mente superiore; riconosce la mente raccolta come ‘mente raccolta’; riconosce la mente non raccolta come non raccolta; riconosce la mente libera come ‘mente libera’; riconosce la mente non libera come ‘mente non libera’.

In questo modo, egli dimora contemplando la mente nella mente internamente, dimora contemplando la mente nella mente esternamente, dimora contemplando la mente nella mente internamente ed esternamente; dimora inoltre contemplando il sorgere dei dhamma nella mente dimora contemplando lo svanire dei dhamma nella mente, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma nella mente. ‘C’è la mente’—  la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza, necessaria alla piena consapevolezza; ed egli dimora autonomamente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando la mente nella mente.

Fine della contemplazione della mente

4. Dhammā­nu­passanā
4. contemplazione degli elementi

4.1. Dham­mānu­passa­nā­nīvara­ṇa­pabba
4.1 Contemplazione degli elementi:  gli ostacoli

Ma come, o monaci, un monaco dimora contemplando gli elementi negli elementi? ecco, monaci, un monaco dimora contemplando gli elementi negli elementi in relazione ai cinque ostacoli. Ma come, o monaci, un monaco dimora contemplando gli elementi negli elementi in relazione ai cinque ostacoli?

1.Ecco, o monaci,  essendovi internamente desiderio sensuale riconosce: ‘vi è in me desiderio sensuale’; non essendovi internamente desiderio sensuale, riconosce: ‘non vi è in me desiderio sensuale’; ed egli altresì riconosce quando un desiderio sensuale non ancora sorto si presenti, quando un desiderio sensuale sorto in precedenza è abbandonato, e riconosce anche quando un desiderio sensuale abbandonato non sorga ancora.

2. Essendovi internamente avversione riconosce: ‘vi è in me avversione’; non essendovi internamente avversione, riconosce: ‘non vi è in me avversione’; ed egli altresì riconosce quando l’avversione non ancora sorto si presenti, quando l’avversione sorta in precedenza è abbandonata, e riconosce anche quando l’avversione abbandonato non sorga ancora.

3. Essendovi internamente pigrizia e torpore riconosce: ‘vi sono in me pigrizia e torpore’; non essendovi internamente pigrizia e torpore, riconosce: ‘non vi sono in me pigrizia e torpore’; ed egli altresì riconosce quando pigrizia e torpore non ancora sorti si presentino, quando pigrizia e torpore sorti in precedenza sono abbandonati, e riconosce anche quando pigrizia e torpore abbandonati non sorgano ancora.

4. essendovi internamente agitazione e inquietudine riconosce: ‘vi sono in me agitazione e inquietudine’; non essendovi internamente agitazione e inquietudine, riconosce: ‘non vi sono in me agitazione e inquietudine’; ed egli altresì riconosce quando agitazione e inquietudine non ancora sorte si presentino, quando agitazione e inquietudine sorte in precedenza sono abbandonate, e riconosce anche quando agitazione e inquietudine già abbandonate non sorgano ancora.

5. Essendovi internamente il dubbio riconosce: ‘vi è in me il dubbio’; non essendovi internamente il dubbio, riconosce: ‘non vi è in me il dubbio’; ed egli altresì riconosce quando il dubbio non ancora sorto si presenti, quando il dubbio sorto in precedenza è abbandonato, e riconosce anche quando il dubbio abbandonato non sorga ancora.

In questo modo, egli dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi esternamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente ed esternamente; dimora inoltre contemplando il sorgere dei dhamma negli elementi dimora contemplando lo svanire dei dhamma negli elementi, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma negli elementi. ‘Vi sono gli elementi’— e la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza, necessaria alla piena consapevolezza; ed egli dimora autonomamente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando gli elementi negli elementi in relazione ai cinque ostacoli.

4.2. Dhammā­nu­passa­nā­khan­dha­pabba
4.2 Contemplazione degli elementi: gli aggregati

Inoltre, o monaci, un monaco dimora contemplando i dhamma negli elementi in relazione ai cinque aggregati dell’attaccamento. Ma in che modo, o monaci, un monaco dimora contemplando i dhamma negli elementi in relazione ai cinque aggregati dell’attaccamento? Ecco, o monaci, un monaco, contempla: ‘così è la forma, così la sua origine, così la sua dissoluzione’;  ‘così è la sensazione, così la sua origine, così la sua dissoluzione’; ‘così è l’appercezione, così la sua origine, così a sua dissoluzione’; ‘così sono le intenzioni, così la loro origine, così la loro dissoluzione’;  ‘così è la cognizione, così la sua origine, così la sua dissoluzione’;  In questo modo, egli dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi esternamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente ed esternamente; dimora inoltre contemplando il sorgere dei dhamma negli elementi dimora contemplando lo svanire dei dhamma negli elementi, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma negli elementi. ‘Vi sono gli elementi’— e la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza, necessaria alla piena consapevolezza; ed egli dimora autonomamente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando gli elementi negli elementi in relazione ai cinque aggregati dell’attaccamento.

4.3. Dham­mānu­passa­nā­āyata­na­pabba
4.3 Contemplazione degli elementi: le facoltà sensoriali

Ed inoltre, o monaci, un monaco dimora contemplando i gli elementi negli elementi in relazione alle sei facoltà sensoriali interne ed esterne. Ma come, o monaci, un monaco dimora contemplando i gli elementi negli elementi in relazione alle sei facoltà sensoriali interne ed esterne?

1.Ecco, o monaci, un monaco conosce l’occhio, la forma visiva ed anche il legame che sorge in dipendenza di entrambi; conosce anche come un legame non ancora sorto si manifesti, ed anche come un legame già sorto è abbandonato, ed anche come un legame che è stato abbandonato non sorga ancora.

2.Ecco, o monaci, un monaco conosce l’orecchio, i suoni ed anche il legame che sorge in dipendenza di entrambi; conosce anche come un legame non ancora sorto si manifesti, ed anche come un legame già sorto è abbandonato, ed anche come un legame che è stato abbandonato non sorga ancora.

3.Ecco, o monaci, un monaco conosce il naso, gli odori ed anche il legame che sorge in dipendenza di entrambi; conosce anche come un legame non ancora sorto si manifesti, ed anche come un legame già sorto è abbandonato, ed anche come un legame che è stato abbandonato non sorga ancora.

4. Ecco, o monaci, un monaco conosce la lingua, i sapori ed anche il legame che sorge in dipendenza di entrambi; conosce anche come un legame non ancora sorto si manifesti, ed anche come un legame già sorto è abbandonato, ed anche come un legame che è stato abbandonato non sorga ancora.

5. Ecco, o monaci, un monaco conosce il corpo, gli oggetti tattili ed anche il legame che sorge in dipendenza di entrambi; conosce anche come un legame non ancora sorto si manifesti, ed anche come un legame già sorto è abbandonato, ed anche come un legame che è stato abbandonato non sorga ancora.

6.Ecco, o monaci, un monaco conosce la mente, le idee ed anche il legame che sorge in dipendenza di entrambe; conosce anche come un legame non ancora sorto si manifesti, ed anche come un legame già sorto è abbandonato, ed anche come un legame che è stato abbandonato non sorga ancora.

In questo modo, egli dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi esternamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente ed esternamente; dimora inoltre contemplando il sorgere dei dhamma negli elementi dimora contemplando lo svanire dei dhamma negli elementi, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma negli elementi. ‘Vi sono gli elementi’— e la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza, necessaria alla piena consapevolezza; ed egli dimora autonomamente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando gli elementi negli elementi in relazione alle sei facoltà sensoriali interne ed esterne.

Fine della sezione sulle facoltà sensoriali.

4.4. Dham­mānu­passa­nā­boj­jhaṅ­ga­pabba
4.4. I sette fattori del risveglio

Inoltre, o monaci, un monaco dimora contemplando i dhamma negli elementi in relazione ai sette fattori del risveglio; ma come, o monaci, un monaco dimora contemplando i dhamma negli elementi in relazione ai sette fattori del risveglio?

1. Ecco o monaci, un monaco, essendovi internamente il fattore del risveglio della consapevolezza, riconosce: ‘vi è in me il fattore del risveglio della consapevolezza’; non essendovi internamente il fattore del risveglio della consapevolezza, riconosce: ‘non vi è in me il fattore del risveglio della consapevolezza’; ed egli riconosce anche quando il fattore del risveglio della consapevolezza non ancora sorto si manifesti, ed anche quando il fattore del risveglio della consapevolezza già sorto è stato compiutamente coltivato.

2. Essendovi internamente il fattore del risveglio dell’investigazione degli stati, riconosce: ‘vi è in me il fattore del risveglio dell’investigazione degli stati’; non essendovi internamente il fattore del risveglio dell’investigazione degli stati, riconosce: ‘non vi è in me il fattore del risveglio dell’investigazione degli stati’; ed egli riconosce anche quando il fattore del risveglio dell’investigazione degli stati non ancora sorto si manifesti, ed anche quando il fattore del risveglio dell’investigazione degli stati già sorto è stato compiutamente coltivato.

3. Essendovi internamente il fattore del risveglio del vigore, riconosce: ‘vi è in me il fattore del risveglio del vigore’; non essendovi internamente il fattore del risveglio del vigore, riconosce: ‘non vi è in me il fattore del risveglio del vigore’; ed egli riconosce anche quando il fattore del risveglio del vigore degli stati non ancora sorto si manifesti, ed anche quando il fattore del risveglio del vigore già sorto è stato compiutamente coltivato.

4.Essendovi internamente il fattore del risveglio della gioia, riconosce: ‘vi è in me il fattore del risveglio della gioia’; non essendovi internamente il fattore del risveglio della gioia, riconosce: ‘non vi è in me il fattore del risveglio della gioia’; ed egli riconosce anche quando il fattore del risveglio della gioia degli stati non ancora sorto si manifesti, ed anche quando il fattore del risveglio della gioia già sorto è stato compiutamente coltivato.

5.Essendovi internamente il fattore del risveglio della calma, riconosce: ‘vi è in me il fattore del risveglio della calma’; non essendovi internamente il fattore del risveglio della calma, riconosce: ‘non vi è in me il fattore del risveglio della calma’; ed egli riconosce anche quando il fattore del risveglio della calma degli stati non ancora sorto si manifesti, ed anche quando il fattore del risveglio della calma già sorto è stato compiutamente coltivato.

6.Essendovi internamente il fattore del risveglio del samā­dhi­, riconosce: ‘vi è in me il fattore del risveglio del samā­dhi­‘; non essendovi internamente il fattore del risveglio del samā­dhi­, riconosce: ‘non vi è in me il fattore del risveglio del samā­dhi­‘; ed egli riconosce anche quando il fattore del risveglio del samā­dhi­ degli stati non ancora sorto si manifesti, ed anche quando il fattore del risveglio del samā­dhi­ già sorto è stato compiutamente coltivato.

7. Essendovi internamente il fattore del risveglio della equanimità, riconosce: ‘vi è in me il fattore del risveglio della equanimità’; non essendovi internamente il fattore del risveglio della equanimità­, riconosce: ‘non vi è in me il fattore del risveglio della equanimità­‘; ed egli riconosce anche quando il fattore del risveglio della equanimità degli stati non ancora sorto si manifesti, ed anche quando il fattore del risveglio della equanimità già sorto è stato compiutamente coltivato.

In questo modo, egli dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi esternamente, dimora contemplando gli elementi negli elementi internamente ed esternamente; dimora inoltre contemplando il sorgere dei dhamma negli elementi dimora contemplando lo svanire dei dhamma negli elementi, dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei dhamma negli elementi. ‘Vi sono gli elementi’— e la sua consapevolezza è ben stabilita nella misura necessaria alla conoscenza, necessaria alla piena consapevolezza; ed egli dimora autonomamente, senza afferrare nulla nel mondo. In questo modo, o monaci, un monaco dimora contemplando gli elementi negli elementi in relazione ai sette fattori del risveglio.

Fine della sezione sui fattori del risveglio.

4.5. Dham­mānu­passa­nā­sacca­pabba
4.5 Le quattro nobili verità

Inoltre, o monaci, un monaco dimora contemplando i dhamma negli elementi in relazione alle quattro nobili verità. Ma come, o monaci, un monaco dimora contemplando i dhamma negli elementi in relazione alle quattro nobili verità?  Ecco, o monaci, un monaco riconosce, secondo realtà: ‘questa è la sofferenza’; riconosce secondo realtà: ‘questa è l’origine della sofferenza’; riconosce, secondo realtà: ‘questa è la cessazione della sofferenza’; riconosce secondo realtà: ‘questo è il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza’

Colui il quale, o monaci, coltivi questi quattro fondamenti della consapevolezza per sette anni, è da aspettarsi uno di questi due risultati: la conoscenza nel qui ed ora, oppure, in presenza di un residuo di attaccamento, lo stato di ‘colui che non ritorna [nel mondo]’.

Stiano, o monaci, i sette anni; colui il quale coltivi questi quattro fondamenti della consapevolezza per sei, cinque, quattro, tre, due o un solo anno … Stia il solo anno; colui il quale, o monaci, coltivi questi quattro fondamenti della consapevolezza per sette mesi, è da aspettarsi uno di questi due risultati: la conoscenza nel qui ed ora, oppure, in presenza di un residuo di attaccamento, lo stato di ‘colui che non ritorna [nel mondo]’.
Stiano, o monaci, i sette mesi; colui il quale coltivi questi quattro fondamenti della consapevolezza per sei, cinque, quattro, tre, due, un mese o mezzo mese … Stiano, o monaci, il mezzo mese; colui il quale, o monaci, coltivi questi quattro fondamenti della consapevolezza per sette giorni, è da aspettarsi uno di questi due risultati: la conoscenza nel qui ed ora, oppure, in presenza di un residuo di attaccamento, ‘lo stato di colui che non ritorna [nel mondo]’.

 ‘Questo, o monaci, è il Sentiero ad un unica direzione, per la purificazione degli esseri, la trascendenza di tristezza e lamento, la pacificazione di dolore e sofferenza, il raggiungimento del giusto sentiero, la realizzazione della liberazione, ovvero: I quattro fondamenti della consapevolezza’; così fu detto; ed è per questo che così fu detto.»
Così parlò il Beato; contenti quei monaci gioirono alle parole del Beat

NOTE

1. Il termine ātāpī deriva da ā + tapa, ‘ardore’; questo vocabolo, imparentato con l’italiano tepore, ha assunto il significato di ‘strenuo’, ‘risoluto’. La risolutezza è uno degli antidoti alla pigrizia e all’apatia verso la pratica, assieme alla riflessione sull’inevitabilità della morte e sull’incertezza della vita. In ātāpī vi è probabilmente un riferimento, neanche troppo velato, a certe pratiche ascetiche dette tapas, tutt’oggi praticante in India e altrove; la più famosa di questo genere di pratiche è quella del fuoco interiore, (tibetano: Tummo). Nel contesto buddhista, un tapassin é un individuo risoluto nella pratica:

“Khantī paramaṃ tapo titikkhā,
Nibbānaṃ paramaṃ vadanti buddhā”

“La pazienza è la pratica più alta,
I Buddha affermano che il nibbana è l’eccelso.”
-Dhammapada 184.

2. “Avendo stabilito la consapevolezza di fronte a sé” : in merito a questo passaggio criptico, vi sono due tendenze prevalenti, quella letterale e quella idiomatica. I fautori dell’interpretazione letterale intendono questa espressione nel senso di “attorno alla bocca”, ovvero, sul labbro superiore o sulla punta del naso (nāsikagga), in accordo alla glossa dei commentari quali il Visuddhimagga; di contro, i sostenitori dell’interpretazione idiomatica, traducono questa stessa espressione come “di fronte a sé”, ovvero, alla parte frontale del proprio corpo; questo approccio si accorda al significato generale della stessa locuzione ritrovabile altrove nel canone, come nel seguente passo:

“seyyathāpi nāma balavā puriso samiñjitaṃ vā bāhaṃ pasāreyya, pasāritaṃ vā bāhaṃ samiñjeyya; evamevaṃ—bhaggesu susumāragire bhesakaḷāvane migadāye antarahito magadhesu kallavāḷaputtagāme āyasmato mahāmoggallānassa sammukhe pāturahosi.” -Pacalāyamānasutta, A.N 7,61

Nel Paṭisambhidāmagga leggiamo:

“Stabilisce la consapevolezza di fronte a sé (parimukhaṃ satiṃ upaṭṭhapetvā): pari: nel senso di ‘adottare’; mukhaṃ (lett. bocca ) nel senso di ‘uscita’; sati (consapevolezza) nel senso di stabilire (fondamento). Perciò si dice parimukhaṃ satiṃ upaṭṭhapetvā (avendo stabilito la consapevolezza in fronte a sé).

Come se vi fosse un tronco d’albero sistemato a terra su un pianale; e un uomo volesse tagliarlo con una sega. La consapevolezza di quell’uomo si posasse (stabilisse) nel punto in cui i denti della sega toccano il tronco d’albero; Senza prestare attenzione ai denti della sega mentre questi avanzano e recedono, e pur senza che questi vengano ignorati, egli si impegna e porta a termine il compito. Come il tronco sistemato a terra su un pianale, così è l’oggetto per ancorare [la consapevolezza]; Come i denti della sega, così sono l’inspirazione ed espirazione; come la consapevolezza di quell’uomo posata (stabilita) nel punto in cui i denti della sega toccano il tronco d’albero, senza prestare attenzione ai denti della sega mentre questi avanzano e recedono, ma senza che questi vengano ignorati, egli si impegna e porta a termine la propria pratica; allo stesso modo, un monaco, siede, avendo stabilito (indirizzato) la consapevolezza alla punta del naso oppure all’immagine facciale (cfr. SN22, 83 Ananda sutta), senza prestare attenzione all’andare e venire dell’inspirazione e dell’espirazione, e pur senza ignorare l’inspirazione e l’espirazione, si applica, porta a termine la propria pratica e realizza un risultato ragguardevole.”Ānāpānassatikatha

Tuttavia, il dotto singalese Mahānāma Thera, nel suo commentario allo stesso Paṭisambhidāmagga, afferma:

“Adottare’, nel senso di ciò che viene adottato. Che cosa viene adottato? L’uscita. Quale uscita? La concentrazione basata sulla consapevolezza è in se stessa l’uscita [che conduce] fino al sentiero per lo stato di Arahant. Perciò, è stato detto ‘nel senso di adottare’. Il senso di ‘uscita dal vortice del divenire’ è espressione del significato della parola mukha (bocca) in quanto eminente (frontale). ‘Stabilire’, nel senso di essenza individuale. Il significato di tutti questi vocaboli è: ‘Avendo reso la consapevolezza una via d’uscita da adottare’. Tuttavia, alcuni affermano che ‘adottare’ significhi ‘adottare come significato della consapevolezza’, e che ‘nel senso di uscita’ significhi ‘la porta di entrata e uscita dell’inspirazione ed espirazione’. Perciò significherebbe : ‘avendo stabilito la consapevolezza alla via uscita dell’inspirazione ed espirazione, la quale è da adottare’.”

3. In questo contesto, con dhammā si intendono quegli elementi facenti parte dell’origine dipendente di dukkha (paticca-samuppāda); nel contesto della pratica di consapevolezza, essi devono essere osservati al loro sorgere e svanire.
A questo proposito, è degno di nota che nell’esporre il percorso che lo portò a capire l’origine dipendente, il Buddha abbia utilizzato una terminologia praticamente identica a quella impiegata in questo stesso sutta per spiegare la pratica della consapevolezza: dhammā, Ātāpino, pajānāti:

“L’ignoranza determina le sinergie, le sinergie determinano la cognizione, la cognizione determina ‘nome e forma’, ‘nome e forma’ determinano le sei basi sensoriali, le sei basi sensoriali determinano il contatto, il contatto determina la sensazione, la sensazione determina la ‘sete’, la ‘sete’ determina l’afferrarsi, l’afferrarsi determina l’essere’, ‘l’essere’ determina la ‘nascita’, la nascita determina decadimento e morte, e così, angoscia, disperazione,  dolore, sofferenza ed esaurimento vengono a manifestarsi. In questo modo ha origine l’intera massa della sofferenza.”
Quindi, avendo realizzato il significato di ciò, in quell’occasione il Sublime pronunciò questi versi ispirati:

“Yadā have pātubhavanti dhammā,
Ātāpino jhāyato brāhmaṇassa;
Athassa kaṅkhā vapayanti sabbā,
Yato pajānāti sahetudhamman”ti.

“Quando gli elementi (dhammā) si palesano
al saggio risoluto (Ātāpino) nella meditazione,
allora, tutti i dubbi scompaiono,
allorché egli ha riconosciuto (pajānāti) la loro natura causale.”

Ma con la completa dissoluzione e cessazione dell’ignoranza, cessano le sinergie; con la cessazione delle sinergie, cessa la cognizione … in questo modo cessa questa intera massa di sofferenza”. Quindi, avendo realizzato il significato di ciò, in quell’occasione il Sublime pronunciò questi versi ispirati:

“Yadā have pātubhavanti dhammā,
Ātāpino jhāyato brāhmaṇassa;
Athassa kaṅkhā vapayanti sabbā,
Yato khayaṁ paccayānaṁ avedī”ti
.

“Quando gli elementi si palesano,
al saggio risoluto nella meditazione,
allora, tutti i dubbi scompaiono,
allorché egli ha conosciuto la dissoluzione delle condizioni”.

-Udāna 1.1, 1.2

4. Secondo il Ven. Bhikkhu Bodhi, “Nel contesto del quarto fondamento della consapevolezza, il termine polivalente dhammā, qui assunto come plurale, ha due diversi significati. Da un lato indica i fattori mentali, che qui vengono contemplati a sé stanti, avulsi cioè dalla funzione di modellare la mente, come invece nella pratica precedente. Dall’altro, la parola indica gli elementi reali, i componenti primari dell’esperienza. In mancanza di un’alternativa migliore, traduciamo dhamma con «fenomeni», termine che ne esprime entrambi i significati. La sezione dei sutta sulla consapevolezza dei dhammā si divide in cinque sezioni, ciascuna dedicata a un gruppo specifico di fenomeni: i cinque impedimenti, i cinque aggregati, le sei basi sensoriali, i sette fattori del risveglio e le quattro nobili verità. I cinque impedimenti e i sette fattori del risveglio sono dhammā nel senso stretto di “fattori mentali”, mentre i restanti sono dhammā nel senso di elementi costitutivi della realtà.”

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