
Riassunto degli argomenti trattati martedì 12 novembre 2024
Le sei “R” della meditazione insegnate dal Venerabile Vimalaramsi sono un mezzo abile per mettere efficacemente in pratica gli step progressivi della meditazione samatha. Le sei R, da applicare gradualmente, sono:
𝟭.𝗥𝗶𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲 ciò che accade tramite la consapevolezza e la chiara comprensione;
𝟮.𝗥𝗶𝗹𝗮𝘀𝗰𝗶𝗮𝗿𝗲, lasciare andare, abbandonare le distrazioni causa di irrequietezza;
𝟯.𝗥𝗶𝗹𝗮𝘀𝘀𝗮𝗿𝗲 corpo e mente, avendo lasciato andare i fattori causa di tensione fisica e mentale;
𝟰.𝗥𝗶𝗴𝗶𝗼𝗶𝗿𝗲, gustare la libertà e il benessere del lasciare andare;
𝟱.𝗥𝗶𝘁𝗼𝗿𝗻𝗮𝗿𝗲: riportare l’attenzione all’oggetto di meditazione;
𝟲.𝗥𝗶𝗽𝗲𝘁𝗲𝗿𝗲: continuare a praticare in questo modo fino a quando l’attenzione diventa stabile e naturale.
𝟭 – 𝟮. 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗡𝗢𝗦𝗖𝗘𝗥𝗘, 𝗟𝗔𝗦𝗖𝗜𝗔𝗥𝗘 𝗔𝗡𝗗𝗔𝗥𝗘
Le prime due fasi, riconoscere e lasciare andare, si riferiscono alla coltivazione (bhavana) della consapevolezza, della chiara comprensione e all’abbandono degli impedimenti* che si presentano durante la meditazione come spiegato nel Satipaṭṭhānasutta:
“Ecco, o Monaci, un monaco dimora osservando il corpo nel corpo, risoluto, 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗮𝗽𝗲𝘃𝗼𝗹𝗲, con 𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗮𝘃𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗮𝗯𝗯𝗮𝗻𝗱𝗼𝗻𝗮𝘁𝗼 l’avversione e la brama verso il mondo..”
𝟯-𝟰. 𝗥𝗜𝗟𝗔𝗦𝗦𝗔𝗥𝗘, 𝗥𝗜𝗚𝗜𝗢𝗜𝗥𝗘
La terza e quarta fase, rilassare e rigioire riguardano l’esperienza della gioia (pīti) e della beatitudine (sukha) sorte dopo aver abbandonato i cinque ostacoli, come spiegato nel Sāmaññaphalasutta (DN 2):
“Distaccato dai piaceri sensoriali, distaccato dagli stati nocivi, raggiunge e dimora nel primo Jhāna, fatto di 𝗴𝗶𝗼𝗶𝗮 𝗲 𝗯𝗲𝗮𝘁𝗶𝘁𝘂𝗱𝗶𝗻𝗲 nate dal distacco e accompagnato dal pensiero applicato e dal pensiero sostenuto; con il dissolversi del pensiero applicato e del pensiero sostenuto, egli raggiunge e dimora nel secondo Jhāna che è 𝘁𝗿𝗮𝗻𝗾𝘂𝗶𝗹𝗹𝗶𝘁𝗮̀ interiore, univocità mentale, 𝗴𝗶𝗼𝗶𝗮 𝗲 𝗯𝗲𝗮𝘁𝗶𝘁𝘂𝗱𝗶𝗻𝗲 nate dal samādhi privo di pensiero applicato e pensiero sostenuto”.
A questa esperienza di benessere fa altresì riferimento il seguente passo dell’ Ānāpānassatisutta:
“‘Inspirerò sperimentando la gioia’, così egli si esercita, ‘espirerò sperimentando la gioia’, così egli si esercita; ‘Inspirerò sperimentando beatitudine, così egli si esercita, ‘espirerò sperimentando beatitudine’, così egli si esercita”.**
𝟱. 𝗥𝗜𝗧𝗢𝗥𝗡𝗔𝗥𝗘
La quinta fase, ritornare, ci spinge a trascendere la beatitudine del raccoglimento in quanto anch’esso, essendo un fattore condizionante, potrebbe trasformarsi in un ostacolo allo sviluppo dell’equanimità tanto quanto i cinque impedimenti; in questa fase ritorniamo all’oggetto di meditazione; continuando in questo modo la mente diverrà equanime rispetto a gioie e dolori, come spiegato dall’Ānāpānassatisutta:
‘Inspirerò sperimentando il condizionamento mentale’, così egli si esercita, ‘espirerò sperimentando il condizionamento mentale’, così egli si esercita; inspirerò pacificando il condizionamento mentale’, così egli si esercita, ‘espirerò pacificando il condizionamento mentale’, così egli si esercita.”
Il risultato sarà uno stato di equanimità al di là delle esperienze di piacere e di dolore caratteristico del terzo e quarto jhāna:
“Con il distacco dalla gioia egli dimora equanime, consapevole, e con una chiara comprensione, godendo di beatitudine nel corpo; ed egli raggiunge e dimora nel terzo jhāna che i nobili (ariya) chiamano: ‘Il dimorare in equanimità, consapevolezza e beatitudine; con il superamento di beatitudine e sofferenza e la precedente scomparsa di gioia e tristezza, egli raggiunge e dimora nel quarto Jhāna, libero dal dolore e dalla felicità, la purezza di equanimità e consapevolezza..”
𝟲. 𝗥𝗜𝗣𝗘𝗧𝗘𝗥𝗘
La pratica della meditazione richiede tempo, perseveranza e dedizione; nel momento in cui dovesse riaffiorare uno o più dei cinque ostacoli, dovremo ripetere l’intero processo daccapo: riconoscere quanto sta accadendo, lasciare andare, rilassare corpo e mente, gustare il benessere e la gioia nel corpo e nella mente e ritornare all’oggetto di meditazione.
*I cinque ostacoli sono: desiderio sensuale, avversione, torpore, agitazione e dubbi sulla pratica.
**Peraltro, rilassamento e gioia si sostengono l’un l’altra, come spiegato nel seguente passo del Mahamanasutta (AN. 11.13):
“Quando la mente è retta, il nobile discepolo è ispirato dal significato, ispirato dal Dharma, e ottiene quella letizia connessa al Dharma. Provando letizia, in lui nasce la gioia, e per via di tale gioia, il corpo si calma. Con il corpo calmo egli sperimenta beatitudine; grazie alla beatitudine la sua mente si raccoglie.”

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